RELAZIONE DI CLAUDIA MANDELLI E M. LUISA RAINER:
Direttore dott. Fabrizio Starace (Modena)
RIMINI 11-12-13 ottobre 2018
Sono presenti una trentina di Psichiatri, inoltre qualche paziente, psicologi, infermieri, familiari, educatori.
In contemporanea si svolge a Torino il congresso sella SIP, che vede la presenza di numerosissimi psichiatri.
A 40 anni dall’approvazione della legge 180, detta “legge Basaglia”, che decreto’ la chiusura dei manicomi, è necessario fare il punto della situazione della Salute Mentale in Italia e non solo, ricordando quali sono state le forze allora in campo che hanno permesso la realizzazione di quel rivoluzionario progetto che tutto il mondo riconosce come una conquista di civiltà. Non bisogna però cadere nella tentazione della regressività e dell’autoreferenzialità, occorre invece affidarsi con spirito critico e atteggiamento scientifico all’epidemiologia, accogliendo nuovi modi e nuovi strumenti di cura della Salute Mentale, se sperimentati come efficaci, e accorciando le distanze tra ricerca e pratica clinica nei DSM, che si auspica possano alimentarsi a vicenda.
La Società epidemiologica è indipendente, quindi libera rispetto a condizionamenti politici e a interessi economici delle case farmaceutiche, e porta avanti la sua ricerca con passione, determinazione e coraggio, verificando con metodo scientifico le proprie scelte alla luce dell’esperienza acquisita.
Il Congresso, dopo i saluti delle autorità presenti, ha inizio con la presentazione della dottoressa Julie Repper, che sta sperimentando in Inghilterra la cura di malattie mentali anche gravi basate sulla relazione tra pari: si sono aperte scuole di formazione per malati mentali che sono riusciti a riprendere in mano le redini della propria vita e a credere nel proprio futuro, per formarli a curare chi ancora non vede vie d’uscita alla propria condizione di “malato”. In questo modo si è innescato un circolo virtuoso che dà speranza a chi soffre e contemporaneamente dà una prospettiva di lavoro ben retribuito a chi si mette in gioco. Si è anche calcolato che cosi’ si abbattono i costi per la salute pubblica.
In Italia il Ministero della Salute raccoglie da diversi anni i dati relativi alla Salute Mentale nel Sistema Informativo della Salute Mentale (SISM), ma ci sono state molte difficoltà a farsi inviare le informazioni dalle Regioni e a creare un linguaggio uniforme: oggi finalmente sono disponibili i dati aggiornati al 2016, e rivelano qualche vistosa incongruenza dovuta probabilmente anche alla diversa terminologia usata nelle varie Regioni, o a informazioni insufficienti. Questo lavoro di trasmissione viene percepito come un carico di lavoro in piu’ per i DSM, ma è necessario per una valutazione dello status quo e una successiva programmazione delle risorse necessarie per migliorare il servizio e ottimizzare i costi.
Il SISM sarà utile per poter fare un progetto terapeutico personalizzato per ogni paziente, che lo possa seguire nel corso degli anni tenendo conto delle sue caratteristiche personali, delle sue aspettative, delle esperienze positive o negative già fatte, e naturalmente delle risorse che offre il territorio: tutto questo rende necessaria la presa in carico del paziente da parte di una figura di riferimento che lo segua in tutto il suo percorso di cura, e l’interazione tra i Servizi Sanitari e le molteplici risorse del territorio, tra cui anche la famiglia, le Associazioni, ecc.
La personalizzazione della cura rende necessario un ribaltamento del punto di vista: non deve essere solo il paziente ad andare ai Servizi, ad adattarsi ai loro orari, regole, ecc., ma ci possono essere anche servizi psichiatrici che vanno verso il paziente e cercano di adattarsi alle sue esigenze.
Un progetto personalizzato che viene proposto dal dott. Claudio Ravani, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Emilia Romagna, è quello del cosiddetto Budget di salute, specifico per ogni paziente, un progetto integrato alla cui realizzazione concorrono tutti i soggetti, dalla ricerca alle risorse del territorio, in cui si sperimentano anche i diritti della persona: è previsto che la persona interessata dia un voto finale, e questo rende piu’ interessante e stimolante la progettazione, orientata al recupero di autonomia.
C’è qualche reparto ospedaliero, p.es. a Cesena, dove l’assistenza è talmente personalizzata che non si ritiene necessario far togliere a tutti i pazienti, al momento del ricovero, cinture, lacci delle scarpe, ogni cosa si presume possa essere pericolosa per la loro incolumità: si ricorre a queste precauzioni solo se ritenuto opportuno per un singolo paziente, perché queste regole, se generalizzate, vengono ritenute lesive della dignità delle persone. Si è anche deciso di tenere aperta la porta del reparto, permettendo ai pazienti di uscire e dando a loro la responsabilità delle conseguenze di eventuali fughe : naturalmente si accompagnano quelli che hanno dato prova di voler scappare. L’idea che sta alla base di questo atteggiamento è che il personale, sia medico che infermieristico, ha il compito di curare, non di “fare il poliziotto”: in caso di eccessi si ricorre non alle contenzioni fisiche ma, appunto, alla Polizia, con la quale è stata fatta una lunga trattativa e si è trovato un accordo per farla intervenire tempestivamente e con i dovuti modi in caso di necessità.
Un intervento molto significativo nell’ottica della personalizzazione della cura, è stato quello del dott. Hopfenbeck, sull’Open Dialogue: la cura consiste nella relazione, e il terapeuta dovrà impegnare se stesso fino in fondo, attingendo dalla propria creatività piu’ che dal proprio sapere accademico, per creare un legame affettivo con il paziente e ricreare la fiducia reciproca e nella rete di relazioni che lo circonda. L’ascolto è essenziale, considerato che ogni crisi nasce dalla difficoltà di comunicare il proprio malessere e di condividerlo: in questo senso la crisi può essere vista come un’opportunità, nel caso in cui l’intervento tempestivo dei medici a casa del paziente alla presenza della famiglia, come prevede il metodo dell’Open Dialogue, puo’ ricreare quella condivisione e quel clima di fiducia che probabilmente si era persa. Anche qui si confida nel paziente, nel senso che si fa leva sulle sue risorse e lo si considera libero e responsabile del proprio percorso di recovery.
Il cambiamento richiede tempo, e noi siamo a metà strada tra due diverse visioni del mondo: il futuro potrebbe essere un paradigma sociale. Dialogo, Psicoterapia o modo di essere? Avere amici, una famiglia, una rete sociale coinvolgente: la polifonia è la sfida per poter essere accanto alla persona, che ha bisogno di continuità psicologica; POD=Peer supported Dialogue, cioè dialogo aperto tra pari: il paziente deve sapere che tu ci sei per lui come persona, quindi il nostro agire deve essere fondato su valori come onestà, vicinanza, apertura,trasparenza,autenticità, calore, fondamentali per qualcuno che è in difficoltà. Dobbiamo fare molto lavoro su noi stessi per essere capaci di comprensione e di empatia e consideriamo le emozioni molto importanti: vergogna, incertezza, frustrazione, rabbia…..Dobbiamo imparare ad accettare l’incertezza e cercare di responsabilizzare. Una psicosi puo’ essere un sistema per far fronte ad un trauma, e noi dobbiamo saperlo. La formazione triennale degli operatori è quindi molto importante.
Il discorso ha necessariamente risvolti politici, e noi appoggiamo il movimento a favore dei diritti civili: il diritto di essere chi siamo, contro ogni razzismo e sessismo.
Il dott. Daniele Piccioni, legale eletto al Senato, riconosce che la Salute Mentale resta nell’ambiguità tra ricerca universitaria, astratta, e mondo degli ospedali, dei CPS, dei pazienti. L’Università propone un paradigma uniforme, ma la realtà si gioca fuori, nei Distretti, nella città che cura, nelle determinanti sociali della Salute Mentale. La formazione del personale non è integrata alla pratica, e quindi viviamo questa mancata integrazione. Che cosa fare? Questo conflitto ha ragioni storiche, risale ai tempi in cui i manicomi erano terreno di studio e di ricerca: infatti il mondo accademico era contrario alla riforma Basaglia, che è nata dal basso, da chi lavorava sul campo, ed è stata resa possibile dal clima politico di quegli anni. E’ necessario gettare un ponte tra questi due mondi, mettendo al centro della ricerca la persona, non il programma, come affermava J.Dewey. Secondo Crisafulli, Servizi e Diritti vanno integrati nella ricerca. E ancora, sarà necessaria un’adeguata comprensione del proprio Io e del mondo che ci circonda. Dobbiamo fare si’ che la ricerca sia piu’ vicina alle pratiche.
Il cambiamento in Psichiatria “si puo’ fare”: non piu’ uno psichiatra che dice “io so, fai come ti dico”, e che fa della professione di medico uno strumento di potere e di controllo, ma una RICONVERSIONE nella direzione della COPRODUZIONE di servizi , sempre attenti alle capacità che la persona esprime, permettendole di essere protagonista della sperimentazione di se stessa attraverso relazioni, attività ludiche, nel lavoro e nella gestione di una propria casa. Il successo è legato all’appoggio che viene dato contro la solitudine e la prescrizione sociale.