Nei giorni 22 e 23 febbraio si è tenuto presso Progetto Itaca di Milano un corso sulla comunicazione tenuto da Luigi Ajroldi e da Maria Luisa Rainer di Psiche Lombardia, che ha visto la partecipazione di una ventina di persone afferenti ai progetti AMA, Paideia e Gruppo Accoglienza di Psiche Lombardia, oltre alla dottoressa Silvana Benaglia responsabile del Club e al dottor Paolo Meroni, operatori di Progetto Itaca di Milano.
Nel corso della prima giornata Luigi Ajroldi ha trattato con particolare dettaglio alcune tematiche concernenti il sistema della comunicazione interpersonale. Il docente ha richiamato alcuni modelli elaborati in ambito psico-pedagogico e sociologico concernenti gli aspetti che regolano la comunicazione.
E’ stato spiegato il modello elaborato nel 1949 presso Bell Telephone dai ricercatori Shannon – Weaver per illustrare gli stadi del processo di trasmissione dei segnali inviati da una fonte al destinatario. Si tratta di un modello fisico di comunicazione, pienamente adattabile, tuttavia, ad ogni forma di trasmissione di informazioni e pienamente applicabile anche ai processi di comunicazione interpersonale attivabili tra due soggetti o tra uno e più soggetti.
E’ stata richiamata l’importanza della comunicazione non verbale. Le parole costituiscano appena il 30% di qualsiasi comunicazione tra due persone o in un gruppo. Il restante 70% della comunicazione è non verbale, e avviene attraverso gesti, segnali ed espressioni. Il pieno controllo sul linguaggio del corpo è essenziale per la comunicazione interpersonale. Gli elementi della comunicazione con il linguaggio del corpo sono vari: espressioni del volto, occhi, gesti, postura, voce, aspetto, contatto fisico, movimento. La base di una comunicazione efficace è costituita dalla giusta combinazione e dalla padronanza di questi elementi. La competenza sulla comunicazione non verbale agita attraverso il linguaggio del corpo amplia notevolmente la capacità di leggere le emozioni.
E’ stato evidenziato come l’arte della comunicazione risulti più facile e spontanea quando comunicante e ricevente sono compresenti, come nel caso della comunicazione orale, rispetto a quella scritta. La comunicazione orale non è unidirezionale, ma sempre bidirezionale e interattiva, in quanto il ricevente è al contempo comunicante e il comunicante è al contempo ricevente. Per il comunicante diventa essenziale verificare l’adeguatezza della comunicazione attraverso la risposta (feedback) che torna dal ricevente, sia a livello verbale, ad es. con ulteriori domande, che a livello non verbale, con azioni, col silenzio o con atteggiamenti che esprimono distrazione o insofferenza. Il comunicante può ribadire il messaggio che intende comunicare superando attraverso la ridondanza di parole, gesti, inflessioni della voce, etc. l’elevata possibilità di interferenze alle quali è esposta la comunicazione orale: interferenze fisiche (rumori), psichiche (distrazione, stanchezza) o culturali, originate dalle diversità intrinseche dei codici comunicativi adottati. Sono stati fatti vari esempi di distorsioni percettive nella comunicazione.
Si è accennato anche alle teorie di Kahneman concernenti le due modalità di lavoro che ha la nostra mente: il Sistema 1 e il Sistema 2. Il Sistema 1, per come viene definito dall’autore nell’opera Pensieri lenti e veloci, è primitivo, inconsapevole e automatico. É sempre acceso, non lo controlliamo, ed è emozionale, intuitivo, impaziente, velocissimo, e molto impulsivo. Il Sistema 2 è consapevole, razionale, metodico e cauto. Non può occuparsi di più processi al medesimo tempo, è lento, è altamente energivoro, e non è in grado di controllare in modo decente il Sistema 1. Il Sistema 2 – ovvero quello razionale – se opportunamente incentivato, può riuscire a prendere il sopravvento sul Sistema 1 – irrazionale, ma se ci sono delle emozioni forti di mezzo, è difficile scavalcare il Sistema 1
Sono stati esposti elementi della teoria neuroevoluzionistica di Robert Plutchik (Teoria Evoluzionistica 1980), che considera le emozioni come risposta adattiva, quindi come elementi riflessi dell’adattamento. Le emozioni primarie sono biologicamente primitive e si sono evolute in modo da consentire alle specie di sopravvivere. Gli anelli di questa catena sono: 1) valutazione cognitiva dello stimolo; 2) esperienza soggettiva; 3) eccitazione fisiologica; 4 ) impulso all’azione; 5) un comportamento manifesto. E’ stato illustrato il modello strutturale tridimensionale a forma di cono adottato da Plutchik per rappresentare graficamente le relazioni fra le emozioni. Ognuna delle emozioni primarie agisce come interruttore per un comportamento con un alto valore di sopravvivenza (es. paura: fight-or-flight response). Plutchik ipotizza che ci siano 4 coppie di emozioni di base primarie: 1) gioia – tristezza; 2) fiducia – disgusto; 3) rabbia – paura; 4) sorpresa – anticipazione.
E’ stata illustrata la Finestra di Johari, così definita dall’acronimo dei nomi degli autori (Joseph Luft e Harry Ingham) di questo modello concettuale, inteso a descrivere le relazioni poste in essere nella comunicazione interpersonale. Il modello, schematizzato da una matrice divisa in quattro quadranti, espone le modalità secondo cui il soggetto, a livello personale, si pone in relazione con gli altri sulla base di informazioni, motivazioni, comportamenti ed emozioni classificabili, in base alla loro notorietà e consapevolezza, come aperte (note sia sé che agli altri), nascoste (note a sé, ignote agli altri), cieche (ignote a sé, note agli altri), sconosciute (ignote sia a sé che agli altri). La presentazione del modello di Johari è stata corredata da informazioni finalizzate a migliorare la capacità di comunicare con gli altri nell’ambito delle relazioni affettive e dei rapporti familiari, lavorativi e sociali in senso lato.
Sono stati esaminati gli stili della comunicazione nelle relazioni interpersonali, classificabili in base alla loro efficacia: aggressivo, passivo, assertivo, sottolineando che i primi due stili (assertivo e passivo) siano riconducibili ad una cultura patriarcale, mentre lo stile comunicativo assertivo è quello proprio della cultura evoluta. Gli stili comunicativi si riflettono nei comportamenti. Sono stati richiamati vari esempi di comportamenti e stili comunicativi.
Esempi di comportamenti e stili comunicativi aggressivi: comandare e imporre la leadership in gruppo, scaricare le responsabilità, sminuire i meriti altrui, criticare ed emettere sentenze screditando la persona, interrompere, non lasciare esprimere l’altro, tendere a generalizzare non preoccupandosi di dare spiegazioni razionali, etc.
Esempi di comportamenti e stili comunicativi passivi: defilarsi, evitare il conflitto, non affrontare i problemi, non assumersi dei rischi, lasciare che gli altri decidano, stare in disparte, dare ragione al più forte, cercare l’approvazione altrui, non reagire alle critiche, subire, rinunciare, esitare, rimandare le soluzioni, etc.
Esempi di comportamenti e stili comunicativi assertivi: ascoltare attentamente, chiedere per comprendere e andare oltre le apparenze, assumersi le proprie responsabilità, approfondire la conoscenza dei bisogni altrui, esprimere liberamente le proprie opinioni, emozioni e bisogni, saper accettare senza ferire, proporre costruttivamente, ammettere i propri errori, accettare critiche, tenere contemporaneamente in considerazione le proprie e le altrui aspettative, etc.
Particolare attenzione è stata dedicata all’esposizione dei primi quattro dei cinque assiomi della comunicazione, mutuati dal modello di Watzlawick. 1) non si può non comunicare: anche la non comunicazione è una forma di comunicazione; 2) i messaggi presentano una doppia componente: quella del contenuto enunciato e quella della relazione ad esso sottesa; 3) il flusso comunicativo è espresso secondo una punteggiatura, costituita dall’articolazione e organizzazione degli elementi informativi che ciascun soggetto trasmette agli altri interlocutori secondo modalità proprie; 4) la comunicazione si effettua attraverso l’utilizzo di canali verbali (riconducibili ad una modalità definibile digitale, in quanto basata su strutture codificate che definiscono elementi aventi significati noti e condivisibili dagli interlocutori) e non verbali (riconducibili ad una modalità definibile analogica). L’esposizione di questi profili è stata efficacemente esemplificata attraverso riferimenti a casi concreti, basati sulle esperienze del relatore.
Nella seconda giornata la docente Maria Luisa Rainer ha ripreso in modo molto analitico la trattazione del quinto assioma della comunicazione, mutuato dal modello di Watzlawick, solo accennato in precedenza. In base a tale assioma esistono soltanto due tipi di comunicazione possibile: la comunicazione simmetrica, che implica una relazione tra soggetti posti a livelli gerarchici paritetici e la comunicazione complementare, che implica una relazione tra soggetti posti livelli gerarchici diversi (up and down), e che presuppone da parte dei soggetti l’accettazione reciproca dei rispettivi ruoli. Sono state evidenziate sia la possibile alternanza da parte di uno stesso soggetto dei tipi di comunicazione a seconda dei contesti, che l’interscambiabilità delle posizioni nell’ambito di una comunicazione complementare. La docente ha proposto vari esempi dei due tipi di relazione, soffermandosi in particolare sui rischi e sulle patologie possibili nei due tipi di comunicazione che si instaurano in tali contesti. Nella comunicazione simmetrica i rischi sono sovente dovuti all’affermarsi di una competizione sui ruoli e a forme di comunicazione caratterizzate da scarso auto controllo e aggressività. Nella comunicazione complementare i rischi possibili sono spesso dovuti alla rigidità con cui i singoli soggetti impersonano i rispettivi ruoli. Un ulteriore caso patologico di conflitti agiti tra i ruoli si determina quando ciascuno dei membri di una relazione costituita aspirano ad impersonare ruoli antitetici (uno vuole una relazione simmetrica, l’altro vuole una relazione complementare).
La docente ha quindi evidenziato l’applicazione degli altri assiomi della comunicazione mutuati dal modello di Watzlawick nel contesto della famiglia, considerata come sistema stabile, ossia ambito sociale i cui componenti ritengono importante l’appartenenza al gruppo stesso e impersonano al suo interno relazioni durevoli nel tempo. In riferimento al secondo assioma della comunicazione è stato sottolineato come nel contesto familiare la parte del messaggio comunicativo relativa alla relazione sia di gran lunga preponderante rispetto alla parte afferente al contenuto, e come essa sia in stretta relazione con i comportamenti dei membri della famiglia assumono nella relazione reciproca. In questo contesto sono stati evidenziati anche sintomi di patologie a livello comunicativo.
È stato richiamato il modello di Friedmann Schulz von Thun denominato Quadrato della Comunicazione. In base al modello l’emittente nel messaggio rivela una parte di sé ed esplicita o sottintende gli effetti che si propone di ottenere sul ricevente. Il ricevente nel messaggio responsivo può restituire una conferma (esplicitazione dell’essere d’accordo sul contenuto del messaggio dell’emittente), un rifiuto (esplicitazione di un disaccordo sul contenuto del messaggio dell’emittente, e contestuale accettazione del suo ruolo nella relazione) o una disconferma (esplicitante una non considerazione del messaggio dell’emittente, e un contestuale rifiuto del suo ruolo nella relazione).
Sono stati forniti vari esempi di comunicazioni patologiche: messaggi caratterizzati da incongruenza tra diversi livelli di comunicazione (tra contenuto verbale e contenuto non verbale); messaggi auto squalificanti o contraddittori, costituiti da una parte di messaggio affermativo associato ad un’altra parte del messaggio negativo o contraddittorio; messaggi responsivi che squalificano un messaggio ricevuto, o ne modificano il significato. Come ulteriore esempio di tipo di comunicazione patologico all’interno della famiglia è stato richiamato il doppio legame, ossia un comando che contiene una contraddizione inviato a un ricevente impossibilitato a scegliere a causa del suo ruolo subalterno in una relazione complementare. Sono stati forniti esempi di meta-comunicazione e di meta-meta-comunicazione.
E’ stato ribadito come nelle comunicazioni tra i membri facenti parte con ruoli diversi del contesto familiare l’uso della ridondanza risulti funzionale a ribadire con affermazioni e comportamenti i contenuti dei messaggi scambiati in precedenza, le posizioni reciproche di ruolo, le regole prestabilite per il funzionamento del gruppo familiare.
La scelta di focalizzare alcune patologie comunicative possibili all’interno delle relazioni familiari ha fornito ai presenti la possibilità di esporre casi personali, ritenuti esemplificativi degli argomenti trattati, riferibili al proprio contesto familiare o alle rispettive relazioni genitori-figli.
Nello svolgimento delle due giornate ha dato un contributo fondamentale Maria Grazia Losi, referente esperta del gruppo Accoglienza di Psiche Lombardia, oltre a Vega (l’assistente che operava con computer in appoggio a Luigi), Silvana Benaglia e Paolo Meroni di Itaca.
Mario Signori