Discriminazioni nell’inserimento lavorativo dopo esperienze psichiatriche
Sfide e Discriminazioni nel percorso professionale:
Il complesso inserimento nel mondo del lavoro dopo esperienze psichiatriche
Risulta molto difficile inserirsi nel mondo del lavoro per chi proviene da esperienze di
ospedale psichiatrico o di comunità, perché ci si abitua a descrivere i propri
difetti e i lati negativi nei colloqui con gli psicologi, portando a non brillare nei
colloqui di lavoro, e quando si parla di esperienza relazionale diventa difficile
prescindere da dove la si è acquisita. Inoltre l’interlocutore si immaginerebbe una
miglior consapevolezza e capacità di sintesi nel soggetto e chiederà perché
abbiamo ritardato tanto a laurearci, e concluderà che non era il nostro campo.
Quand’anche si passasse la selezione iniziale, coi colleghi di lavoro c’è da superare
lo stigma quando piovono domande sul passato e sugli impegni presenti. Se ci si
trova a necessitare di un orario flessibile, si rischia il licenziamento: purtroppo i CPS
di sabato non ricevono, ma richiedono a volte di assentarsi dal lavoro.
Piuttosto che rimanere inattivi si è sospinti dai medici stessi a richiedere di entrare
nelle categorie protette, ma in questo modo si perdono di vista tutte le possibilità
teoriche di avere un lavoro correlato all’importanza della laurea, ammesso che gli
strumenti di collocamento mirato funzionino, porteranno sempre a dei lavoretti mal
retribuiti, 4-5 Euro l’ora. Far parte delle categorie protette ci restituisce ad un
inserimento parziale nella società, ma è vero che ci permette di sostenere le spese
per la psicologia da cui siamo gravati. Sarebbe più giusto non essere discriminati nelle
possibilità di lavoro.
Milano, Febbraio 2024
Fabio Signorelli